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lunedì 14 maggio 2012

15/05/2012 Festa dell'Autonomia Siciliana

"L'Autonomia speciale è quella particolare forma di governo della Regione Siciliana che fu concessa il 15 maggio 1946 dal re Umberto II di Savoia, disciplinata da uno Statuto speciale (art. 116 della Costituzione Italiana), che la ha dotata di una ampia autonomia politica, legislativa, amministrativa e finanziaria.
Grazie allo Statuto autonomistico, la Regione Siciliana ha competenza esclusiva (cioè le leggi statali non hanno vigore nell'isola), su una serie di materie, tra cui beni culturali, agricoltura, ambiente, pesca, enti locali, territorio, turismo, polizia forestale. Ogni modifica allo Statuto, trattandosi di legge costituzionale, è sottoposta alla cosiddetta procedura aggravata, cioè a una doppia approvazione, a maggioranza qualificata, da parte delle Camere.
Per quanto riguarda la materia fiscale, la totalità delle imposte riscosse in Sicilia resta nell'isola. Ai sensi degli articoli 36 e seguenti del proprio Statuto (Legge Costituzionale n.2 del 26 febbraio 1948), la Regione siciliana è dotata di completa autonomia finanziaria e fiscale."

Tante belle parole che servono solo a riempire qualche foglio e giustificare una inutile festa.
Queste sopracitate righe dovrebbero rendere la Sicilia un posto migliore, un posto dove la crisi non le fa da padrona, ma purtroppo questo resta un utopia.
Da anni ormai i governi siciliani cercano di far uscire dalla mente degli ignari siciliani questo statuto ormai quasi sconosciuto, e lo usano solo per i loro sporchi interessi.
Mi chiedo perché la Sicilia non è indipendente e autonoma come San Marino? La risposta viene da sola, purtroppo noi siciliani non siamo in grado di gestire questa situazione, finiremo per mangiarci fra di noi come sta già succedendo, "mors tua vita mea".
E allora vorrei chiedere al Presidente Lombardo, è davvero necessaria questa inutile festa dove verranno sprecati tanti soldini pubblici? 
Non è forse meglio far conoscere a tutti i cittadini siculi il loro statuto e metterlo in pratica?
Io non ci trovo nulla da festeggiare, non credo proprio che la Sicilia possa definirsi autonoma...per carità sulla carta lo è.


Alessandro Di Fiore


Democrazia

L’Italia del Re e delle democrazie ha distrutto nel sangue tre generazioni di giovani nella guerra del 1915-1918. Guerra fatta per la sovranità e la sopravvivenza della Patria, ma senza volontà da parte dei generali di risparmiare migliaia di giovane vite umane che furono inutilmente gettate nel tritacarne della guerra. 
Gli effetti della guerra sull’economia e sulla società Italiana furono devastanti, il costo della vita nel 1919 era quattro volte superiore al 1913, mentre incombeva l’enorme aumento del debito pubblico e il deficit di bilancio aveva raggiunto livelli mai pensati, i salari diminuivano e gli stipendi dei dipendenti pubblici vennero bloccati dallo stato. Lo stesso Stato che per alleggerire le spese di bilancio pubblico smobilitò l’esercito. Dei tre milioni di soldati che erano sopravvissuti alla guerra, ne rimasero effettivi un milione, la veloce smobilitazione produsse già nel 1919 due milioni di disoccupati. 
Nel caos e nello scontento della popolazione nacque il biennio rosso “1919-1921”. 
Nel solo 1919 si registrarono 1670 scioperi industriali e 208 scioperi agricoli causati dall’impennata dei prezzi, dallo scarso lavoro, dalla situazione internazionale e dai debiti dell’Italia. In tutta Italia ci furono scioperi esasperati fino ad arrivare al punto in cui la Regia Polizia fu costretta a sparare sul popolo. Furono fatti attentati dall’ala massimalista del partito socialista e da gruppi anarchici con morti e feriti fra la popolazione, insomma oltre la fame e la miseria si era instaurato pure un clima di guerra civile e i  governi democratici di quel periodo non erano in grado di intervenire ne a livello sociale ne per riportare l’ordine pubblico. 
In tre anni cambiarono sette governi : dal governo Orlando, si passa al governo Nitti (23/6/1919), di nuovo Nitti (25/5/1920), Giolitti (15/6/1920), Bonanni (4/7/1921), Facta (26/2/1922) e di nuovo Facta (1/8/1922). 
Ponendosi contro i combattenti (militari disoccupati) fu grande errore dei socialisti prima e dei socialcomunisti poi, da questi reduci spontaneamente nacquero le prime squadre per opporsi ai rossi. Gli Italiani erano stanchi di sangue, soprusi e scioperi senza criterio e fu evidenziato in breve tempo il consenso del popolo per il movimento fascista guidato dal fondatore “Benito Amilcare Andrea Mussolini“. 
Gli 88 fasci iniziali in poco tempo divennero circa 850, da 20mila iscritti 250mila; un movimento radicato nel lavoro, infatti i sindacati fascisti potevano contare su 400mila iscritti contadini e 200mila operai. 
All'inizio il fascismo usò la violenza, ma furono costretti dagli eventi: scriveva Giorgio Bocca non simpatizzante fascista sul “Corriere della sera”: "Il fascismo fu violento e sopraffattore ma lo fu perché trovò davanti a se una sinistra disfattista, antidemocratica, violenta e autoritaria". 
Ma col tempo gli squadristi furono sciolti e l’ordine e la legalità tornarono nella vita sociale degli Italiani, il fascismo così poté lavorare per ridare sicurezza sociale al suo popolo. 
Riuscirono ha rivalutare la Lira, ad avere un PIL alto, ha risanare il debito pubblico, ha fare le riforme sociali più innovative del secolo che ancora oggi sono funzionanti, ha dare unità e sovranità alla Patria.
Era il 1922. Oggi siamo nel 2012 e in questa Repubblica Italiana e in Europa è ritornata la situazione di allora, viviamo in un sistema democratico che come allora non è capace di governare, in Italia abbiamo un debito pubblico da brividi, manca il lavoro, le paghe degli operai sempre più basse, il PIL inesistente gli operai, gli artigiani e le piccole imprese tartassate dalle tasse che inducono le persone oneste ad uccidersi per disperazione causata da uno stato strozzino. Mentre prosperano le mafie, gli speculatori, le caste politiche e sindacali le centinaia di lobby, gli enti inutili che costano milioni l’anno, gli evasori fiscali, come all’ora viviamo nell’incertezza e nel caos. 
Ma la motivazione di tutto questo è sotto gli occhi di tutti, questa Repubblica è figlia dei soliti Rossi antidemocratici, disfattisti, violenti come allora e dei peggiori capitalisti massoni come allora, che hanno lasciato, insieme a coloro che si fecero chiamare “liberatori" o "alleate”, che dal 1945 al 1947 venissero uccisi in Italia e in Europa migliaia di persone in nome di una discriminazione chiamata “Antifascismo”, da coloro che in nome della libertà e della democrazia (la loro) hanno gettato senza coscienza due bombe atomiche su città inermi del Giappone, oppure tonnellate di bombe dirompenti al fosforo sulle città tedesche continuando poi in tutto il mondo con il Nepal e le bombe all’uranio impoverito. La loro democrazia è la sopraffazione dei popoli. 
Democraticamente i nostri politici si sono ritirati nel limbo per lasciare al Re Giorgio la possibilità di fare un governo presidenziale, chi ha messo a Montecitorio? Monti: massone capace di fare lavori sporchi come ha sempre fatto.
 Dalla padella alla brace, come Italiano che ama la patria orgoglioso di essere Italiano vero mi dispero per come sono rappresentato politicamente, perché la mia patria affonderà assieme alla gente onesta che l'ha sorretta fino ad oggi senza mai chiedere niente all’infuori del lavoro e di una sicurezza sociale. Ma solo degrado intellettuale, morale, ambientale e gioventù bruciata dalle discoteche e dalla droga ho visto nel cammino della mia vita, cose positive quasi mai. 
Ma ora abbiamo i Grillini del comico Grillo che ci farà fare qualche risata e ci solleverà da questa merda in cui siamo stati messi. Però pensandoci bene Grillo non ama i confronti, un programma non lo tiene, all’ora coi tempi che corrono pure lui vuol sedersi in quel ristorante ha cinque stelle pagato dai contribuenti che si chiama "Politica democratica Italiana". 
Si cari concittadini siamo nella cacca e se qualcuno non se ne è accorto certamente sentirà la puzza io la sento ha 360 gradi. 
Tanti anni fa ci furono Italiani con gli attributi e Un uomo che risollevò l’Italia e quel gesto gli costò la vita e ancora dopo 80 anni dalla sua morte a qualcuno mette i brividi lungo la schiena 




Giampiero Mugelli

mercoledì 9 maggio 2012

Un eroe costruito


Sui giornali e nelle TV  è stato scritto e dato uno annuncio: è morto a 90 anni Rosario Bentivegna, partigiano dei GAP, eroe della resistenza, partecipò all’attentato di via Rasella a Roma.
 Le mie condoglianze alla sua famiglia, e il massimo rispetto per la persona morta che, anche dopo morto, fa parlare di se.
Napolitano ha avuto parole di elogio, per il partigiano comunista morto definendolo: una persona indiscutibile, del resto Napolitano non poteva dire altrimenti. Ma io come cittadino Italiano, provo dissenso perché proprio a seguito all’attentato di via Rasella, i Nazisti misero in atto la terribile rappresaglia delle Fosse Ardeatine, non’è una polemica la mia, se quei morti innocenti sono morti, una buona percentuale di colpa è dovuta all’attentato che lui e i suoi compagni hanno fatto sapendo bene quali erano le reazioni tedesche: ogni Tedesco morto in attentati 10 Italiani venivano fucilati se l’attentatore non si costituiva. Ma come sappiamo fra quei morti Bentivegna non c’era (una volta fu lui stesso a dire: "La vita di un compagno vale più delle 350 e passa vite sacrificate alle Fosse Ardeatine"). Vorrei portare alla memoria un personaggio che ha a che fare con Bentivegna: pochi sanno che il partigiano comunista uccise, sparandogli con la pistola, un partigiano di 22 anni sottotenente della guardia di finanza Giorgio Barbarisi, egli faceva parte della resistenza Monarchica, cooperava con gli alleati. Nella Roma liberata, un giorno Barbarisi tornando a piedi verso casa sua decise di tagliare per via delle Tre Cannelle, dove era stata aperta la nuova sede de l'Unità, l’ufficiale aveva l’uniforme di ordinanza, vide un manifesto attaccato al muro con scritto W l'Unità, siccome vigeva un’ordinanza che proibiva l’affissione di manifesti politici, ligio al dovere cominciò a strapparlo, fu visto dall'allora fidanzata di Bentivegna che subito corse dal suo uomo gridando: corri c’è un fascista che strappa il manifesto. Bentivegna si avvicinò al finanziere e gli sparò al cuore a bruciapelo il giovane cadde con l’Orta recisa, gli occhi spalancati e meravigliati.
Al processo il pubblico ministero chiese la colpevolezza di Bentivegna, escluso che Barbarisi aveva estratto la pistola ci furono testimonianze di cittadini che confermavano della pistola mai uscita dal fodero ma rubata dal Betivegna. La sentenza parlò di doloroso incidente diede a Bentivegna 18 mesi per eccesso di legittima difesa. La ricostruzione dei fatti sostenne che il finanziere aveva estratto la rivoltella e avesse sparato nonostante oltre alla pistola non furono trovati ne bossoli ne proiettili. L’imputato Bentivegna fu assolto in appello e tornò libero, ha vissuto onorato e decorato come eroe della resistenza, mentre la fidanzata divenne addirittura parlamentare del PCI.
Il mio dissenso è per questo eroe costruito voluto e difeso ancora oggi; mentre per Barbarisi neppure un appunto, eppure ha dato la vita a 22 anni per la libertà, non per mano tedesca ma per errore volontario di un partigiano comunista.
Vorrebbero intitolare una strada all'eroe Bentivegna e allora il mio dissenso diventa rabbia. Ecco coloro che vedono solo la loro storia, ancora oggi dopo 70 anni vorrebbero portare nel limbo il Bentivegna, e gettare nel perpetuo dimenticatoio un’altrettanto partigiano non comunista ma partigiano della resistenza Monarchica. Bentivegna è discutibile come coloro che lo hanno creato eroe. Ecco perché scrivo tutto questo, solo perché oltre al dissenso e alla rabbia provo vergogna e disonore per persone che sono stati dei sanguinari esecutori di una parte politica lavata e stirata, una parte politica con ancora addosso il loro odio e il loro senso di sopraffazione non solo per i fascisti e simpatizzanti, ma anche per coloro che hanno combattuto insieme a loro per fare l’Italia di oggi ma non pensano come loro e sono lontani dal sistema comunista


Mugelli Giampiero